Bologna, confortevole bohéme giocata tra casa, osterie, quartieri di frugalità e toni rivoluzionari.

Nel 1960 Francesco Guccini si trasferisce al civico 43 di via Paolo Fabbri, nel quartiere Cirenaica a Bologna

 

Immersa nel verde, oltre porta San Donato, fuori dalla zona universitaria e dai viali costeggiati dalle torreggianti porte del XIII secolo, è tutt’ora simbolo della resistenza antifascista

 

Anche grazie a Guccini.

 

In quel quartiere di frugalità e toni rivoluzionari, una porta e un’insegna hanno fatto la storia del cantautorato italiano

 

 Erano anni di rivoluzioni, di movimenti studenteschi, e Bologna era musicalmente attraversata da varie correnti, artistiche e politiche.  

Bologna bohéme.

Guccini, Dalla e gli Skiantos avevano qualcosa in comune: la capacità di utilizzare la musica per trasmettere un messaggio che scindeva il tempo e che risulta oggi più che attuale. 

 

La Trattoria da Vito a Bologna.

L’antica Trattoria da Vito era polo culturale, centro nevralgico di una musica che era poesia e politica al contempo. Ed era anche effimero divertimento, cantare e suonare per il gusto di aleggiare nella musica.

C’è stato un tempo in cui era possibile raccogliere attorno ad un tavolo Francesco Guccini, Lucio Dalla, persino De André, accendere una vitalità culturale, discorrere e suonare 

 

«in una Bohéme confortevole giocata fra casa e osterie quando a ogni bicchiere rimbalzano le filosofie. Quanto eravamo poetici, ma senza pudore e paura, e i vecchi imberiaghi sembravano la letteratura. Quanto eravamo tutti artistici, ma senza pudore o vergogna, cullati fra i portici cosce di mamma Bologna».

Francesco Guccini, Bologna

Casa Dalla in Via D’Azeglio.

Via d’Azeglio è la maestosa via che da Piazza Maggiore arriva fino a Porta San Mamolo. Oggi Bologna è cambiata, ma rimane figlia dei padri che l’hanno calpestata e sono riusciti a costruirle un nido da cui spiccare dolcemente il volo. Bologna è ancora centro nevralgico culturale. Ma dislocato, come diceva Guccini. Senza organizzazione

 

In Via D’Azeglio ha vissuto a lungo Lucio Dalla. Oggi, una Casa-Museo permette al pubblico di assaggiare con i propri occhi il luogo in cui suonava, scriveva, componeva. Dalla è sempre stato uomo notturno, dal gusto impeccabile, nonché dall’estro contagioso. Profondamente amato dai suoi concittadini, viveva la sua vita a Bologna più come uomo della porta accanto, che da artista impareggiabile.

 

La Bologna degli Skiantos.

Mentre Dalla e Guccini scrivevano, bevevano, e si godevano una goliardica ambientazione da Osteria tipica bolognese, una cultura underground nasceva in quella Emilia Paranoica osannata dai CCCP. Gli Skiantos sono un gruppo rock formatosi a Bologna a metà anni ’70. 

 

Diventati popolarmente celebri per quel Mi piacciono le sbarbine, trama di un movimento musicale prettamente bolognese. Le sbarbine, le ragazzine.


Ma prima sono stati legati al Movimento del ’77, movimento politico extra-parlamentare nato nel 1977 appunto, sviluppo consequenziale del ’68, molto sentito nella Bologna rivoluzionaria

 

Era l’anno in cui Francesco Lorusso veniva ucciso da un colpo d’arma da fuoco durante una manifestazione studentesca. In via Mascarella, incrocio via Irnerio. Oggi i colpi sul muro – altezza uomo – sono imprigionati in una teca di vetro come testimonianza, nonché monumento, al Movimento Studentesco Bolognese. Fervente e tutt’ora in auge.

 

Paesaggi musicali.

La Cirenaica, via D’Azeglio e via Mascarella hanno una cosa in comune: sono stati – e continuano ad essere – emblemi di tre correnti musicali estremamente diverse tra loro. Guccini poetava, Dalla sussurrava, gli Skiantos gridavano. 

 

Ma d’altronde sono simbolo vivente degli anni frastagliati in cui sono nati e poi cresciuti, musicalmente ed umanamente.

 

Senza i toni ribelli, estrosi, controtendenza della Bologna di allora, è difficile dire quale sarebbe stato il loro percorso artistico. 

 

Per contro, difficile definire le linee artistiche e musicali della Bologna di oggi se queste tre zone dislocate non avessero dato gli albori ad artisti tanto complessi quanto facilmente definibili in un quadro storico più grande.

Fonte.

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2 commenti:

  1. L’Emilia Romagna non è solo terra di Lambrusco e Sangiovese, di motori dalle grosse cilindrate e impasti a sfoglia sottile, ma una regione viva e produttiva anche dal punto di vista artistico, con alcuni centri a capofila di certi generi musicali: se i “punkrocker” hanno visto in Bologna la bengodi di un pellegrinaggio cominciato negli anni ’70/’80 e mai estintosi, alimentato da sottofiloni come il “rock demenziale” degli Skiantos o lo spaghetti-punk dei Gaznevada, il movimento del beat italiano ha incoronato Modena sua città simbolo, aggregando lì i miti nostrani dell’era ‘Beatlesiana’- dai Nomadi all’Equipe 84 e da Francesco Guccini a Pierangelo Bertoli -, mentre la Romagna, litorale di balere e buonumore, si è affermata come culla del folk all’italiana grazie a “Lo Strauss” Secondo Casadei, prima, e suo beneamato nipote Raoul, poi, aprendo le danze del genere liscio a colpi di sax e clarinetto.

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    1. Non tutti sanno che da queste parti – per l’esattezza a Ferrara, presso l’Abbazia romanica di Pomposa – nacque, nell’11° secolo, la moderna scrittura musicale per mano di un monaco benedettino, Guido d’Arezzo, inventore del “tetragramma” (poi tradottosi nell’attuale pentagramma), e che la regione primeggia, tuttora, per l’offerta educativa a tema, con più scuole di musica che nel resto della penisola.

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