Sono esposti circa 300 pezzi preziosi (anfore e caraffe, calici da messa e acquasantiere, lampade, ecc.), 1570 reperti vitrei dalle funzioni più disparate, circa 800 stampi antichi in legno e in ghisa e più di 400 strumenti per la lavorazione a mano, usati dalla fine del XVIII all`inizio del XIX sec e che oggi solo alcune botteghe conoscono e utilizzano per mantenere vive le antiche tradizioni.
L'attività del vetro ad Altare si svolse ininterrottamente dal XII al XX secolo. In questi otto secoli di storia un cambiamento strutturale si verificò soltanto nel 1856, quando le fornaci si riunirono in un'unica azienda a carattere cooperativistico, la SAV - Società Artistico Vetraria.
L'azienda si sviluppò rapidamente e acquistò prestigio. Continuò dal Medioevo la produzione di vetri d'uso "d'ogni sorta e maniera", di vetri per la farmacia e gli ospedali, di articoli di valore artistico, cui si aggiunsero, nel Novecento, vetri per la chimica resistenti agli sbalzi termici.
Dalle probabili origini benedettine ai primi nomi propri di vetrai, indicati negli atti notarili del secolo XIII, si passò nel secolo successivo, a un consolidamento di questa attività che si espresse negli atti notarili di uomini provenienti da Genova, da Venezia, da Savona, da Pisa, da alcuni paesi della Val Bormida.
Lo Statuto dell'Arte impose al forestiero il versamento, per la sua ammissione alla Corporazione, di lire trecento in moneta di Savona rimanendo per quattro anni "tizzatore" e per altri quattro apprendista, prima di ottenere la qualifica di maestro. Con la fine del secolo XV, Altare raggiunse il numero di duecento maestri vetrai associati tra loro.
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