dicembre 22, 2022

La torre del Poetto è una piccola torre costiera, situata nel promontorio della Sella del Diavolo.


La torre del Poietto.

La torre del Poetto è una piccola torre costiera, situata nel promontorio della Sella del Diavolo, a Cagliari.


87 metri sul livello del mare.


L'edificio, semidiroccato, domina, dalla sua posizione a 87 metri sul livello del mare, il porticciolo di Marina Piccola e la vicina spiaggia del Poetto.



La torre, risalente al XVII secolo, appare oggi spezzata in due tronconi lungo l'asse verticale.



Costruita in pietra calcarea.


La struttura è tronco-conica, originariamente voltata a cupola, alta sette metri per cinque di diametro. Il materiale di costruzione è costituito da pietra calcarea.



Difficilmente raggiungibile.


Dal luogo in cui sorge la torre del Poetto, difficilmente raggiungibile, si possono avvistare le torri costiere del golfo di Cagliari comprese tra quella di Mezza Spiaggia e dell'Isola dei Cavoli.



novembre 16, 2022

Trekking alle Cinque Terre: il sentiero da Riomaggiore a Manarola, l'antica via che passa tra i vigneti.

 La Via dell'Amore che collega Manarola a Riomaggiore è chiusa da diversi anni, perciò per andare da una all'altra località è possibile percorrere la Via Beccara.

Questo è stato l'unico percorso che collegava i due borghi delle Cinque Terre sino agli anni '20 quando iniziò la costruzione della ferrovia e con essa il sentiero costiero.

L'antica via che passa tra i vigneti è stato riaperta dopo lunghi lavori serviti a mettere in sicurezza il tracciato, le frane spesso mettono a rischio il fragile territorio del Parco nazionale.

Tempo di percorrenza: 1.15 ore    

Difficoltà: EE – Per escursionisti esperti    

Dislivello: + – 200 metri

L’itinerario dura poco più di un’ora, però la salita è ripida e impegnativa.

Il sentiero da Riomaggiore a Manarola.

Dalla stazione ferroviaria di Riomaggiore, prima ancora di percorrere la strada principale che sale attraversando il “quartiere nuovo”, si può raggiungere in pochi minuti l’inizio della Via dell’Amore: da qui è possibile scorgere attraverso la cancellata la passeggiata realizzata sulle arenarie caratterizzate dall’alternanza di strati più scuri a quelli grigio-chiari.

Tempo di percorrenza.

Tempo di percorrenza: 1.15 ore    

Difficoltà: EE – Per escursionisti esperti    

Dislivello: + – 200 metri

L’itinerario dura poco più di un’ora, però la salita è ripida e impegnativa.

Tornati nella piazza antistante la stazione saliamo lungo la strada prendendo poco dopo la scalinata contrassegnata dal segnavia CAI nr 531 (ex nr 6 Riomaggiore – Manarola, un’ora, lunghezza 1250 metri), che accompagna gli escursionisti ai piedi del castello che si erge sul borgo, edificato dai marchesi Turcotti nel 1260 e portato al termine dai genovesi nel XV e XVI secolo.

Siamo così giunti nella parte alta del centro storico, dove, superato il rio iniziano i ripidi e alti scalini in pietra che tagliano i terrazzamenti dei viticoltori, diretti verso costa di Corniolo, il crinale secondario che separa la valle del Rio Finale da quella del torrente Groppo dove sorge il borgo di Manarola.

Punto panoramico.

Giunti sul punto panoramico la vista spazia su tutta la linea di costa, nelle giornate limpide è possibile addirittura vedere a ponente la silhouette del Monviso e verso il mare l’isola d’Elba, la Gorgona, la Capraia e la Corsica.

La discesa verso Manarola offre splendide vedute sul borgo e il celebre Presepe di Mario Andreoli, che si estende sulla collina delle “Tre Croci”.

Il presepe luminoso.

Il presepe luminoso più grande del mondo è opera della fantasia, della tenacia e della fatica di Mario Andreoli, ex ferroviere per professione, viticoltore per vocazione e personaggio ormai divenuto “ambasciatore” nel mondo del piccolo borgo delle Cinque Terre.

Il visitatore che giunge a Manarola è accolto da una schiera di case colorate e dalla piazza dove si scopre il magnifico rosone della chiesa parrocchiale di San Lorenzo, costruita nel Trecento con la pietra dura locale.

ottobre 08, 2022

Atzara sulle pendici sud-occidentali del Gennargentu è famosa per il vino e la tradizione tessile.

Sulle pendici sud-occidentali del Gennargentu spicca un antico borgo di origine medievale, Atzara, famoso per il vino e la tradizione tessile

 

Attorno infatti ci sono boschi e colli coltivati a vigna da cui si ottiene un noto vino nero, il Mandrolisai

 

Anche la tradizione tessile è molto raffinata, in particolare la produzione di tappeti e antichi costumi femminili.


Atzara sulle pendici del Gennargentu.

Il Massiccio del Gennargentu - il cui nome in lingua sarda significa La porta dell'argento - è un'area montuosa di grande estensione situata nella zona centro-orientale della Sardegna, in provincia di Nuoro, comprendente le cime più elevate dell'isola.

 

Atzara, cosa vedere in questo borgo sardo. 

Da vedere il centro storico di origine aragonese dove ci sono abitazioni in granito, il Museo d'Arte Moderna e Contemporanea, la Parrocchiale di Sant'Antioco Martire, bellissimo esempio di architettura gotico-catalana, la Chiesa di Santa Maria Bambina e il palazzo aragonese dei conti di San Martino. 

 

Non perdete il sentiero naturalistico "Le Vie dei Vigneti", dove si possono ammirare le vigne appena fuori dal paese e nei dintorni.

Cosa vedere nei dintorni di Atzara.

Santuario di San Mauro, Meana Sardo, Sorgono, Area del Nolza, Tonara, Belvì


  • Periodo ideale per una visita: primavera ed autunno. A maggio si tiene la Sagra del vino, mentre a novembre feste religiose, fra cui quella del santo patrono e Cortes Apertas
  •  Specialità del borgo: vino nero Mandrolisai, sa fregul.






 

Fonte.

settembre 14, 2022

Laconi, alle pendici del Gennargentu, un oasi verde con testimonianze preistoriche uniche.

Il borgo di Laconi, posto sulle ultime propaggini del massiccio del Gennargentu, si sviluppò all’ombra di un castello che fu di Eleonora d’Arborea e sotto gli spagnoli divenne feudo di due fra le famiglie più potenti dell’isola, i Castelvì e gli Aymerich. 

 

A questi ultimi si deve l’imponente palazzo omonimo dall’ampia facciata neoclassica, progettato da Gaetano Cima, il più grande architetto sardo dell’Ottocento e un vasto parco nelle vicinanze.

 Laconi, un oasi verde con testimonianze preistoriche.


Un oasi verde dentro il paese, testimonianze preistoriche uniche, valori di comunità. Laconi è un borgo ‘gioiello’ di duemila abitanti immerso in un bosco, a ridosso dei rilievi del Sarcidano, che si fregia della Bandiera Arancione del Touring Club.

 

Parco Aymerich.


Parco Aymerich si estende su oltre 30 ettari ed è ricco di acque e di specie arboree tipiche e uniche della Sardegna nonché di alberi che hanno assunto dimensioni colossali fra cui un platano e un cedro del Libano.



Nella parte alta del parco la Cascata Grande scende dolcemente con una serie di salti su rocce e letti di muschio dando poi vita a laghetti e fontane suggestive.

Il vecchio castello.


Inoltre esso circonda il vecchio castello che nel Settecento prese il nome dai nuovi signori del paese. In origine eretto come baluardo a difesa del Giudicato d’Arborea dalle mire espansionistiche del Giudicato di Cagliari (due fra gli stati indipendenti della Sardegna medievale), oggi ne restano solo una torre e una sala dalle strutture gotiche.

Piazza Marconi.


A partire dall’Ottocento, Laconi, dall’alto dei suoi 555 metri di altitudine sul livello del mare, divenne un luogo privilegiato di villeggiatura per i benestanti borghesi cagliaritani che vi eressero un certo numero di residenze di campagna.



Nel centro storico si possono visitare Piazza Marconi, che si apre lungo il centrale Corso Garibaldi e la chiesa parrocchiale con il suo imponente portale bronzeo istoriato e un piccolo museo dedicato a Sant’Ignazio, nativo del borgo.

 

Palazzo Aymerich.


Palazzo Aymerich ospita dal 2010 una delle istituzioni culturali più importanti della Sardegna, il Menhir Museum-Museo della Statuaria Preistorica, che raccoglie una serie di stele-antropomorfe ritrovate in siti archeologici vicini a Laconi a partire dal 1980 e che risalgono al periodo prenuragico (IV-III millennio a.C.).

 

Menhir museum.


L’esposizione museale si sviluppa su tre livelli e undici sale e comprende oltre alle statue-menhir una riproduzione della cava di pietra da cui sono state forgiate e la cappella privata della famiglia Aymerich.



Il 16 gennaio, di fronte alla chiesa intitolata a Sant’Antonio Abate, viene acceso un grande falò dopo che i tronchi per alimentarlo sono stati trasportati da un carro trainato da buoi.



Il dolce tipico della festa è il “pan’e saba”, una specie di panforte che ha come ingrediente principale la sapa, ottenuta dal mosto del vino.

Come arrivare.


    La stazione ferroviaria più vicina è quella di Uras-Mogoro


    In auto, sulla superstrada Cagliari – Sassari, uscire a Uras e proseguire sulla SS442 per circa 44 km fino a Laconi

Fonte.

agosto 31, 2022

La costa Pugliese, da nord a sud: le mete da non perdere in un tour virtuale.

La costa pugliese, da nord a sud, dal Promontorio del Gargano a Capo di Leuca regala scenari unici e imperdibili tutti da ammirare. 

 

860 km di panorami mozzafiato e paesaggi naturalistici propri della macchia mediterranea si tuffano nel blu cristallino del mare pugliese che bacia l’Adriatico e lo Ionio. 

 

La varietà di atmosfere uniche presenti lungo la costa pugliese conquista tutti, anche i turisti più esigenti. 


La costa pugliese, per tutti i gusti.

Ci sono infatti tratti di costa attrezzati per accogliere intere famiglie, tratti romantici per innamorati in cerca di privacy e assoluto relax e infine scogliere a picco sul mare per i più avventurieri in cerca di vacanze esilaranti.

 Un tour virtuale.

 

Con un tour virtuale, partendo da nord ci sono le pendici del Gargano, una linea costiera estesa prevalentemente rocciosa e frastagliata con insenature e grotte che si affacciano in calette con un mare limpido. 

 

In questa zona troviamo infatti spiagge come Vieste e Peschici

 

Le tappe imperdibili di questo tratto della costa pugliese sono le suggestive località di Pizzomunno e Pugnochiuso.

 Margherita di Savoia.

Scendendo verso la punta del tacco della Puglia si raggiunge Margherita di Savoia, famosa per le sue Saline, le più grandi d’Europa, luogo ideale per ammirare e fotografare tramonti emozionanti.  

 

Ancora più a sud della costa pugliese c’è il tratto costiero della provincia di Barletta, Andria, Trani. Visitare questa zona della Puglia, offre la possibilità di fare escursioni anche giornaliere per vivere giornate indimenticabili e conoscere la vera essenza del territorio pugliese. 

 

Monumenti architettonici come la Cattedrale del Mare di Trani, il Castel del Monte, si uniscono al Parco nazionale della Murgia. Imparare l’arte casearia, assaporare e gustare prelibatezze come la Burrata di Andria, le orecchiette pugliesi, i panzerotti, sono solo alcune delle cose che si possono fare in questa zona interna della costa pugliese.  

 Ostuni.

Si prosegue lungo la costa barese dove si raggruppano una serie di località uniche da visitare, bagnate dal Mar Adriatico come ad esempio San Vito, Monopoli, Polignano a mare, l’incantevole città “nel blu dipinto di blu” come cantava il celebre Domenico Modugno e infine Torre Canne.

 

Passando da Ostuni e raggiungendo Brindisi e Lecce coste rocciose si alternano ad ampie spiagge incontaminate con piccoli paesini che nascondono un fascino antico. In questa zona ci sono località balneari come Santa Cesarea, Castro e Porto Badisco

 

Proprio in quest’ultima da non perdere è la Grotta dei Cervi. Più a sud il tratto di costa pugliese vede il susseguirsi di ampie spiagge come quella di Torre dell’Orso con i suoi faraglioni “le due sorelle”, dei Laghi Alimini con la meravigliosa Baia dei Turchi. Per chi ama tuffarsi da non perdere è il tratto di costa pugliese roccioso che va dal piccolo porticciolo di Sant’Andrea alla Grotta della Poesia.

 Santa Maria di Leuca.

La costa pugliese salentina prosegue con il tratto più a sud del tacco d’Italia dove si trova Santa Maria di Leuca chiamata De Finibus Terrae il mare di una  limpidezza estrema si mostra tra scoglie e numerose piccole calette e una moltitudine di grotte come La Zinzulusa, la Grotta delle Tre Porte e Grotta Ciolo che offrono ai visitatori indescrivibili panorami con le loro millenarie conformazioni scavate dall’erosione nella roccia. 

 

Da non perdere La Serra, una piscina naturale lungo la costa pugliese precisamente a Tricase.

 Maldive del Salento.

Risalendo il tratto di costa ionica invece, ci si imbatte nelle famosissime Maldive del Salento e il suo omonimo lido, sino a raggiungere tratti di spiaggia finissima come quelle di Posto Vecchio (bandiera blu), Punta della Suina o Baia Verde vicino la famosa città di Gallipoli, località ideale per chi in vacanza cerca anche divertimento con aperitivi in spiaggia al tramonto e dj set.

 

Termina la panoramica virtuale delle mete imperdibili da visitare lungo la lunga costa pugliese il tratto che raggiunge la città di Castellaneta Marina. In questo lembo ci sono spiagge come Sant’Isidoro, Torre Lapillo, Punta Prosciutto e ancora più a nord Campo Marino e Marina di Lizzano.


 Fonte.

luglio 22, 2022

Alla scoperta dei borghi italiani: Castelbuono, la perla delle Madonie, fra castelli e musei.

Il borgo di Castelbuono si distende dolcemente tra valli e alture a pochi chilometri dal Mar Tirreno, immerso nel rigoglioso paesaggio delle Madonie

 

La fortuna della cittadina si deve alla famiglia Ventimiglia che nel 1316 vi si stabilì costruendo il castello, ancora oggi fulcro e simbolo di Castelbuono.

 

Oggi adibito a Museo Civico, ospita nello spazio antistante, ad agosto, “l’Arruccata di li Ventimiglia”, festa in costume che commemora l’omonima famiglia.

 Cosa fare e vedere a Castelbuono.

 Le principali attrazioni da visitare a Castelbuono

Il castello.

Il castello si presenta imponente con la sua pianta quadrata e le torri angolari e al suo interno la Cappella Palatina è ornata dagli stucchi eseguiti nel 1683 dai fratelli Giuseppe e Giacomo Serpotta nonché dall’urna argentea che contiene le reliquie della patrona di Castelbuono, Sant’Anna.

 

La Cappella Palatina.

Cuore pulsante del maniero è la Cappella Palatina di Sant'Anna, riccamente decorata con gli stucchi di Giuseppe e Giacomo Serpotta su fondo in oro zecchino.

 

Museo Civico.


Il Museo Civico di Castelbuono è l’istituzione comunale a cui è affidata la conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico del territorio e che si configura, oggi, come centro di sperimentazione e di promozione artistica.
 

Piazza Margherita.

L’espansione urbanistica ha trovato un elemento importante nell’asse che congiunge il castello a Piazza Margherita, cuore dell’abitato, dove sorge una fontana cinquecentesca e la chiesa detta Matrice Vecchia.

 

La chiesa Matrice Vecchia. 

Sorta nel XIV-XV secolo sul sito di un tempio pagano e dedicata all’Assunta, a quattro navate, la chiesa è caratterizzata all’esterno da un bel portico rinascimentale e dal massiccio campanile.

 

All’interno sono da ammirare invece il grandioso polittico del 1520 attribuito a Pietro Ruzzolone e i numerosi affreschi fra cui quelli trecenteschi che raffigurano la Consacrazione delle Vergini.

 

Proseguendo su Via Umberto I si arriva alla chiesa detta Matrice Nuova, edificata nel XVII secolo e ricostruita a seguito dei danni del sisma dei primi dell’Ottocento e ricca di stucchi.

 

Chiesa di San Francesco.

Da qui si sale verso la tardomedievale chiesa di San Francesco, rimaneggiata nel XVIII secolo, per arrivare alla cinquecentesca chiesa del convento dei Cappuccini, al cui interno sono custodite pregiate sculture lignee e dipinti del Seicento.

Museo Naturalistico Francesco Minà Palumbo.

Il Museo Naturalistico Francesco Minà Palumbo è ospitato nell’ex convento di Santa Venera e vanta importanti collezioni fra cui minerali, fossili e un erbario che raccoglie l’intera flora spontanea delle Madonie.

 

La biblioteca annessa custodisce infine importanti testi antichi come per esempio una raccolta della storia naturale locale, con 500 tavole raffiguranti piante e uccelli.

 

Dati utili. 

Castelbuono (PA)
Altitudine: 423 m
Abitanti: 8.256

 

Come arrivare.

La stazione ferroviaria più vicina è quella di Cefalù. In auto, sulla A20 Palermo – Messina, uscire allo svincolo di Castelbuono e proseguire sulla SS286

giugno 15, 2022

La montagna e noi, il luogo in cui cercare rifugio dalle avversità della vita.

La montagna, quasi per definizione, rappresenta il limite, nel significato di «ciò che non può essere oltrepassato».  

 

Davanti alla montagna, prendiamo consapevolezza della nostra finitezza: certo, si possono raggiungere le vette – ma non si può andare oltre, perché oltre c’è solo il cielo, ampio e infinito.

 

Per questo motivo, per millenni, ogni civiltà umana ha eletto la montagna a luogo privilegiato per il contatto con il divino. 

 

E se oggi, fortunatamente o no, il divino sta sparendo dalle nostre esistenze occidentali, la montagna per noi continua a essere il luogo in cui cercare rifugio dalle avversità della vita, in cui trovare una nuova connessione con sé stessi. 

 

La montagna e la consapevolezza della nostra finitezza.

 

Non è un caso che, dopo lo scoppio della pandemia, ancor più persone si siano avvicinate ai monti. 

 

Una dimensione spaziale ma anche temporale.

 


La montagna ci mette di fronte alla nostra finitezza non solo spaziale, ma anche temporale. È sempre lì, ferma e impassibile, innevata, nuda di roccia o coperta da prati e boschi, come a volerci ricordare la nostra transitorietà: uomini e donne passano, lei resta

 

I sentieri di montagna, prima dei nostri, sono stati calpestati da miliardi di passi e verosimilmente da altrettanti verranno calpestati dopo il nostro passaggio. 

 

Le sue rocce hanno visto susseguirsi tutte le epoche umane, e quelle ancora precedenti. In tempi più recenti, sulle montagne si sono combattute le guerre, si è fatta la Resistenza. 

 

Probabilmente c’è stato qualcuno che si è innamorato in montagna, sicuramente c’è chi ci è morto. 

 

Se solo potessero parlare, le montagne avrebbero un sacco di storie da raccontare.

 

Una risorsa economica.

 


Ma la montagna rappresenta anche una risorsa economica. Spesso, chi vive in montagna, nelle valli, vede nella montagna e nelle sue risorse ambientali l’unica fonte di sostentamento. 

 

Gli alberi vanno tagliati per vendere legna, i torrenti vanno intubati per ricavarne elettricità, le strade costruite per portare sempre più turisti a quote sempre più alte. 

 

Per chi vive in città, è facile condannare l’eccessivo sfruttamento della montagna: gli argomenti non mancano. 

 

Per chi vive in montagna, invece, lo sfruttamento della montagna rappresenta una delle poche, se non l’unica, possibilità di sopravvivenza in condizioni ambientali difficili


 

Fonte.

maggio 11, 2022

Bologna, confortevole bohéme giocata tra casa, osterie, quartieri di frugalità e toni rivoluzionari.

Nel 1960 Francesco Guccini si trasferisce al civico 43 di via Paolo Fabbri, nel quartiere Cirenaica a Bologna

 

Immersa nel verde, oltre porta San Donato, fuori dalla zona universitaria e dai viali costeggiati dalle torreggianti porte del XIII secolo, è tutt’ora simbolo della resistenza antifascista

 

Anche grazie a Guccini.

 

In quel quartiere di frugalità e toni rivoluzionari, una porta e un’insegna hanno fatto la storia del cantautorato italiano

 

 Erano anni di rivoluzioni, di movimenti studenteschi, e Bologna era musicalmente attraversata da varie correnti, artistiche e politiche.  

Bologna bohéme.

Guccini, Dalla e gli Skiantos avevano qualcosa in comune: la capacità di utilizzare la musica per trasmettere un messaggio che scindeva il tempo e che risulta oggi più che attuale. 

 

La Trattoria da Vito a Bologna.

L’antica Trattoria da Vito era polo culturale, centro nevralgico di una musica che era poesia e politica al contempo. Ed era anche effimero divertimento, cantare e suonare per il gusto di aleggiare nella musica.

C’è stato un tempo in cui era possibile raccogliere attorno ad un tavolo Francesco Guccini, Lucio Dalla, persino De André, accendere una vitalità culturale, discorrere e suonare 

 

«in una Bohéme confortevole giocata fra casa e osterie quando a ogni bicchiere rimbalzano le filosofie. Quanto eravamo poetici, ma senza pudore e paura, e i vecchi imberiaghi sembravano la letteratura. Quanto eravamo tutti artistici, ma senza pudore o vergogna, cullati fra i portici cosce di mamma Bologna».

Francesco Guccini, Bologna

Casa Dalla in Via D’Azeglio.

Via d’Azeglio è la maestosa via che da Piazza Maggiore arriva fino a Porta San Mamolo. Oggi Bologna è cambiata, ma rimane figlia dei padri che l’hanno calpestata e sono riusciti a costruirle un nido da cui spiccare dolcemente il volo. Bologna è ancora centro nevralgico culturale. Ma dislocato, come diceva Guccini. Senza organizzazione

 

In Via D’Azeglio ha vissuto a lungo Lucio Dalla. Oggi, una Casa-Museo permette al pubblico di assaggiare con i propri occhi il luogo in cui suonava, scriveva, componeva. Dalla è sempre stato uomo notturno, dal gusto impeccabile, nonché dall’estro contagioso. Profondamente amato dai suoi concittadini, viveva la sua vita a Bologna più come uomo della porta accanto, che da artista impareggiabile.

 

La Bologna degli Skiantos.

Mentre Dalla e Guccini scrivevano, bevevano, e si godevano una goliardica ambientazione da Osteria tipica bolognese, una cultura underground nasceva in quella Emilia Paranoica osannata dai CCCP. Gli Skiantos sono un gruppo rock formatosi a Bologna a metà anni ’70. 

 

Diventati popolarmente celebri per quel Mi piacciono le sbarbine, trama di un movimento musicale prettamente bolognese. Le sbarbine, le ragazzine.


Ma prima sono stati legati al Movimento del ’77, movimento politico extra-parlamentare nato nel 1977 appunto, sviluppo consequenziale del ’68, molto sentito nella Bologna rivoluzionaria

 

Era l’anno in cui Francesco Lorusso veniva ucciso da un colpo d’arma da fuoco durante una manifestazione studentesca. In via Mascarella, incrocio via Irnerio. Oggi i colpi sul muro – altezza uomo – sono imprigionati in una teca di vetro come testimonianza, nonché monumento, al Movimento Studentesco Bolognese. Fervente e tutt’ora in auge.

 

Paesaggi musicali.

La Cirenaica, via D’Azeglio e via Mascarella hanno una cosa in comune: sono stati – e continuano ad essere – emblemi di tre correnti musicali estremamente diverse tra loro. Guccini poetava, Dalla sussurrava, gli Skiantos gridavano. 

 

Ma d’altronde sono simbolo vivente degli anni frastagliati in cui sono nati e poi cresciuti, musicalmente ed umanamente.

 

Senza i toni ribelli, estrosi, controtendenza della Bologna di allora, è difficile dire quale sarebbe stato il loro percorso artistico. 

 

Per contro, difficile definire le linee artistiche e musicali della Bologna di oggi se queste tre zone dislocate non avessero dato gli albori ad artisti tanto complessi quanto facilmente definibili in un quadro storico più grande.

Fonte.

aprile 22, 2022

Alla scoperta di Arcumeggia, borgo dipinto della Valcuvia, in provincia di Varese.

La Valcuvia, in provincia di Varese, nasconde un tesoro sconosciuto ai più: il borgo di Arcumeggia, frazione del comune di Casalzuigno. 

 

Qual è il segreto di questo borgo minuscolo, di circa 60 anime? Con i suoi affreschi, è un piccolo museo a cielo aperto

 

Al momento non si può visitare, causa zona rossa, ma noi proviamo a portarvici ugualmente con le parole.

 


Una tradizione antica.

 

Come si può immaginare, la piaga che affligge da decenni Arcumeggia – così come tanti altri paesini italiani – è quella dello spopolamento, a favore di centri più grandi. 

 

Per provare ad arginarla, nel 1956 la giunta ebbe un’idea semplice ma geniale: proporre ad artisti italiani di affrescare i muri delle case del borgo, per trasformarlo in una meta turistica.

 


La scelta riprese una tradizione artistica già molto viva in Valcuvia, di cui parlò anche lo scrittore Piero Chiara:

Le strade della Valcuvia conoscevano da qualche secolo la libera e fantasiosa attività degli affrescatori popolari. La passione dell’affresco poteva trapassare in una manifestazione artistica vera e propria, tale da trasformare un intero paese in una mostra capace di documentare una tecnica mai abbandonata della pittura italiana e sempre rifiorente anche fuori dalle esigenze del culto. Arcumeggia è quindi non solo un ritorno e una ripresa della tradizione artistica lombarda, ma anche la celebrazione del popolo delle Prealpi, per secoli operoso in ogni parte d’Europa.

Arcumeggia: tra affreschi e case di corte.


Oltre 160 sono gli affreschi che si possono ammirare per le silenziose strade di Arcumeggia, tutti opere di artisti italiani del secondo Novecento, come Giuseppe Montanari, Remo Brindisi, Giuseppe Migneco, Aligi Sassu. 

 


Gli stili dei diversi artisti si fondono in una composizione fortemente armoniosa. Alcune opere, inoltre, si trovano nei cortili delle cosiddette “case di corte”, caratteristiche dell’architettura lombarda.

 


Arcumeggia, nominata “luogo del cuore” del FAI, ospita anche la Casa del Pittore, progettata dall’architetto Bruno Ravasi: qui sono custoditi bozzetti e opere dei numerosi artisti che sono passati da questo paese.


Meta perfetta per l’autunno.


Perché scegliere Arcumeggia per una gita autunnale (quando si potrà ricominciare)? Di sicuro per contribuire a rendere vivo questo piccolo borgo, ma non solo. 

 

Il paese della Valcuvia potrebbe anche rappresentare il connubio perfetto fra arte e natura. Da queste parti, in autunno capita che il cielo si tinga di un azzurro deciso, che regala uno splendido gioco di colori insieme alle foglie degli alberi e al riflesso del sole sulle montagne

 

Se aggiungiamo anche la bellezza dei dipinti, è facile capire perché Arcumeggia è una vera festa per gli occhi.

 


Fonte.